mercoledì 2 febbraio 2011

Il senso del tennis per l'inglese

Spente le luci dell’O2 Arena di Londra, vi è stato il congedo ufficiale del circuito Atp per questo 2010. Un anno decisamente nel segno di Rafel Nadal, ma che ha confermato anche il ritorno di Roger Federer ed ha dato buoni segnali sul cammino di Andy Murray. Nell’ambito del torneo abbiamo avuto l’occasione di fare quattro chiacchiere con uno dei recenti protagonisti della storia del tennis internazionale, Tim Henman, che da padrone di casa ha fatto il punto sul torneo.

Durante la chiacchierata il tennista inglese ci ha dato anche le sue previsioni per il prossimo anno Atp ed insieme abbiamo fatto il punto sulla situazione inglese, per nulla rosea nell’ambito maschile… una conversazione a 360 gradi.

Qual è il risultato di queste prime due edizioni delle Atp Finals a Londra?

Penso sia un evento speciale per il tennis inglese. E’ vero che in estate, durante il torneo di Wimbledon, riceviamo un’attenzione altissima da parte degli appassionati, ma proprio il grande bacino d’utenza che ha questo sport fa si che l’attesa, da un anno all’altro, sia veramente lunga per gli appassionati. Quindi poter organizzare un avvenimento così prestigioso a novembre, e che mette insieme i migliori 8 giocatori del mondo, permette a questo paese di aver il miglior livello di tennis in una cornice speciale come quella dell’O2 Arena. Già lo scorso anno abbiamo assistito ad una settimana di grandissimo sport, con molti giorni sold out e oltre 270mila persone accorse sugli spalti per seguire i match: anche quest’anno la sensazione è molto positiva, ma quello che ci fa più piacere è che avremo l’opportunità di proseguire su questa strada per i prossimi 3 anni. Anche per i giocatori l’effetto è più che positivo, perché grazie al calore del pubblico ogni match ha sempre una marcia in più.

E per quanto riguarda i giocatori?

Penso che i veri top player, come Nadal e Federer, Murray e Djokovic, non abbiano mai avuto pensieri sulle loro possibilità di qualificazione, mentre gli altri quattro, Berdych, Soderling, Roddick e Ferrer, abbiamo lottato di più. Credo che per lo spagnolo questo torneo sia uno dei migliori risultati raggiunti in carriera, perché per mantenere costante questo livello di gioco deve lavorare tantissimo. Penso quindi che per lui, ancora più che per gli altri, quello che ha vissuto qui sia stato un momento speciale. Non ci sono wild card o inviti, questo torneo è solo il risultato di un lavoro lungo un anno e qualificarti, se non sei costante nell’arco dell’anno, è impossibile.

Secondo te il prossimo anno vedremo emergere qualche nuovo talento nel circuito Atp?

Mi farebbe piacere vedere qualche volto nuovo emergere il prossimo anno, ma ad essere sincero non so se qualcuno potrà davvero fare il salto di qualità. Intanto mi farebbe piacere vedere tornare su alti livello Juan Martin del Potro, perché l’infortunio al polso ha pregiudicato tantissimo la sua annata e il suo livello di gioco, togliendo al pubblico un giovane protagonista. In generale credo che attualmente, essendoci una maggiore cura nella preparazione atletica ed essendo gli stessi giocatori più longevi in campo, penso che dovremo attendere ancora un po’ di tempo per veder emergere vere novità. Se posso segnalare qualcuno, vi dico di tenere sott’occhio il giovane Igor Dimitrov, che riuscì ad arrivare ai quarti al French Open del 2008. Probabilmente gli servirà ancora un po’ di tempo per inserirsi tra i migliori giocatori del mondo, ma non tarderà troppo a ricavarsi un ruolo da protagonista.

Il tennis inglese è concentrato quasi esclusivamente intorno alla figura di Andy Murray, ma guardando dietro le quinte qual è la situazione?

Ci sono davvero tanti problemi nel tennis inglese e anche se Andy Murray è davvero un ottimo giocatore dietro di lui, per quanto riguarda l’ambito maschile, c’è il vuoto. Una storia non piacevole quando hai la possibilità di giocare in casa il miglior torneo del mondo. Credo che bisognerebbe gestire meglio gli investimenti, iniziando magari dalla prossima generazione – penso ai ragazzini dai 7 ai 10 anni -, programmando allenamenti specifici sull’erba e dandogli tutto il sostegno possibile, sia per quanto riguarda la preparazione fisica, sia a livello tecnico. Non c’è una formula magica per emergere nel tennis, bisogna lavorare duramente e con dedizione per raggiungere risultati importanti. C’è tanta attenzione per questo sport in questo paese e per questo, avendo le giuste risorse, dobbiamo dare anche dei risultati.

Sul versante femminile invece le cose vanno un pochino meglio. Tra le promesse attualmente abbiamo Laura Robson che sta ottenendo già buoni risultati e che credo in futuro avrà sempre maggiori possibilità d’inserirsi ad alti livelli nel ranking Wta, ma ripeto sul versante maschile la situazione è davvero inconsistente.

Pensi possa dipendere da guadagni eccessivi in giovane età?

Si è possibile. A volte capita che sin da giovani si riescano a guadagnare cifre importanti, ma questo dovrebbe essere un fattore positivo e non negativo come purtroppo spesso accade. Il denaro che viene da queste vittorie dovrebbe essere re-investito in possibilità di crescita a livello professionale, cercando di avere al proprio fianco i migliori allenatori e di partecipare al maggior numeri di tornei possibile lungo l’arco dell’anno.

Come hai vissuto il tuo ritorno alle competizioni di recente?

I match all’Albert Hall sono stati i miei primi incontri dopo tre anni e ad essere sincero ero un po’ nervoso al riguardo, ma allo stesso tempo attendevo questo ritorno in campo con voglia e trepidazione, anche se in realtà non sento la mancanza del tennis in sé. Alla fine sono sempre rimasto collegato a questo mondo, presenziando ai tornei dello Slam e anche in altri minori, ma ho speso davvero molto tempo della mia vita vivendo di tennis e adesso sono contento di essere a riposo.

Quali sono i piani futuri di Tim Henman?

Ho lavorato qui e lavorerò anche a Wimbledon, commentando i match. Per il resto mi dedicherò al golf, altra grande passione, ma soprattutto cercherò di passare più tempo che posso insieme alla mia famiglia, perché questa per me ora è la cosa più importante della mia vita.

Il campione silenzioso


Determinare il concetto di campione non è mai impresa semplice. Se nell’immaginario collettivo volessimo considerare solamente chi per qualità ed esiti riesce a mettere i fila una serie di risultati incredibili con estrema facilità, ci troveremmo di fronte ad una ristretta élite di personaggi e lasceremmo fuori persone che con costanza e fermezza costruiscono giorno dopo giorno importanti realtà.

Il lavoro di un campione silenzioso, com’è David Ferrer, è fatto di precisione e regolarità, perché in qualsiasi attività – e ancora più nel tennis – la differenza la fa la cura nel cercare di migliorare i particolari, tra la gioia della vittoria e la polvere della sconfitta.

Diviso tra scalate e discese nel ranking, l’iberico negli ultimi 5 anni ha costruito una serie di piccoli record che ne rendono la carriera brillante, ma tenuta lontano dai clamori. Basti pensare alla vittoria nell’estate del 2008 sull’erba di Hertogenbosch o ai trofei conquistati in Coppa Davis con la sua nazionale, di cui ha costruito il successo nel 2009.

Sono tanti piccoli cammei quelli che rendono particolare la vita di Ferrer, una storia che nei suoi 28 anni sta scrivendo un’altra pagina importante con la partecipazione inattesa al Masters di fine anno, a tre anni dalla finale storica persa contro Roger Federer a Shanghai e che l’ha trasformato in eroe nella natia Javea, cittadina spagnola nella costa tra Valencia e Alicante.

Alla vigilia di questo appuntamento, abbiamo raggiunto David Ferrer per vivere insieme a lui questo importante ritorno in un palcoscenico amato e che lo stesso giocatore considera un regalo della vita.

Sono stati tre anni intensi per te. Da Shanghai a Londra come hai vissuto questo tempo?

E’ stato un periodo intenso per me e pieno di avvenimenti importanti. Ho conquistato due titoli in Davis e nell’ultima edizione siamo arrivati in semifinale. Sono riuscito a portare a casa diversi riconoscimenti nel circuito internazionale ed ora c’è di nuovo il Masters, non posso proprio lamentarmi.

Come hai vissuto questo periodo di cambiamenti tra alti e bassi, hai sentito più spesso il bisogno di recuperare fisicamente o mentalmente?

Non è mai facile mantenere sempre la stessa condizione fisica e lo stesso livello di gioco. Nell’ultimo periodo ho cercato di concentrarmi di più e di lavorare sul “serve and volley” e credo sia questo che mi ha aiutato a tornare tra i top ten.

Sei professionista dal 2000,com’è cambiato il tennis?

Man mano che passa il tempo, il tennis si sta caratterizzando sempre più verso un gioco di forza e potenza. Per i più giovani questo è un modello di sviluppo, mentre quelli che frequentano il circuito da più tempo come me devono fare uno sforzo maggiore per adattarsi, dovendo apprendere una nuova metodologia di lavoro.

Come ti vedi nella prossima stagione e quali sono i tuoi obiettivi?

Ad essere sincero preferisco concentrarmi sul momento che sto vivendo, senza pensare al prossimo anno. Certo mi piacerebbe riuscire a mantenere l’attuale classifica, ma so che sarà un lavoro non semplice ed è per questo che preferisco vivere giorno per giorno intensamente, perché a 28 anni tornare a giocare le Atp Finals è un regalo davvero inaspettato.

C’è uno tra i tornei del circuito Atp che non hai ancora vinto e che ti piacerebbe conquistare?

Sì, ho ancora un sogno nel cassetto: si tratta del “Godo” di Barcellona. Tra tutti i tornei è quello che mi manca e che vorrei vincere. Sono riuscito ad arrivare in finale, ma sono stato battuto da Nadal.

Pensando al domani, che progetti hai volta terminata la tua carriera agonistica?

Nessuno in particolare. Mi ritengo un ragazzo fortunato perché il tennis mi ha permesso già di realizzare tanti sogni nella mia vita, anzi mi ha dato molto di più di quelle che erano le mie aspettative. Quindi chiedere altro alla vita sarebbe troppo. Io sono contento così.

Magari qualcosa nel tennis…

Probabilmente rimarrò legato a questo mondo, ma ad oggi non riesco a prefigurarmi nulla. Mi piace la semplicità ed ho voglia di vivere giorno dopo giorno guadagnandomi le opportunità che la vita via via mi offre.