venerdì 21 novembre 2008

Ultimo atto per i La Crus sul palco dell’Auditorium a Roma

ROMA - Le parole più belle di una storia sono quelle che ne narrano l’epilogo, perché racchiudono in sé l’essenza e la profondità di ciò che è stato raccontato. Sono passati tredici anni dal loro primo disco e i La Crus, con il tour che ha preso il via lo scorso venerdì da Chiasso, raggiungeranno martedì 18 novembre l’Auditorium Parco della Musica di Roma, per suonare ancora una volta l’ensemble del loro viaggio che li ha portati a scalare e a sorprendere il panorama discografico italiano. “E’ un periodo di emozioni fortissime – ha dichiarato Mauro “Joe” Giovanardi, cantante del gruppo – con tutte gli attestati di stima che stiamo ricevendo dal pubblico. Già durante la parte estiva del tour, organizzato per il nostro ultimo album uscito [1] lo scorso febbraio, abbiamo avuto un riscontro altissimo e in molti ci hanno chiesto di non mettere la parola fine al nostro progetto. C’è chi addirittura ha aperto space su Internet ed è una che ci riempie di orgoglio, tuttavia la nostra decisione è irreversibile, è una questione di onestà intellettuale. E’ un momento, seppur triste per certi versi, molto bello e denso dall’altro, siamo consapevoli di ciò che è stato, senza rimpianti”.
Cos’è cambiato negli ultimi tempi?“Io e Cesare stiamo lavorando con molta più tranquillità. Prima c’era una certa ansia da prestazione perché ogni lavoro partiva da zero, non in sala, ma con dei suoni da elaborare per poi comporre. Era come scalare una montagna e le aspettative, specie dopo il primo lavoro, erano sempre altissime. Nell’ultima raccolta, oltre ai brani live, abbiamo messo tre inediti anche se, solo nel mese di gennaio eravamo riusciti a tirare fuori ben dieci brani e la selezione è stata durissima”.
Quali le novità e le emozioni di questo ultimo tour?“Mi sto divertendo come mai da tempo. Già nella parte estiva abbiamo “testato” cose che proporremo nella parte invernale. Collaborazioni con i Marlene Kuntz, con Syria, di cui Cesare ha prodotto l’ultimo album, e molti altri. A Roma saranno presenti con noi anche Carmen Consoli, Riccardo Sinigallia, Pino Marino ed altri ancora”.
Cercando di analizzare i “La Crus” ci si imbatte in un insieme di elementi trasversali, perché la musica del gruppo ha sempre scavalcato le barriere del pentagramma per iscriversi in un progetto che comprendesse altre forme d’arte, tenendo però sempre d’occhio la realtà del mondo in trasformazione. Un mondo che a livello musicale negli anni è mutato profondamente, cambiando pubblici e modalità di fruizione. “Stiamo attraversando un momento delicato – ha proseguito Giovanardi - Internet non ha semplicemente tagliato gli introiti dell’industria discografica, ma ha cambiato l’approccio mentale delle nuove generazioni con la musica. Una volta quando entravi in un negozio c’era in ballo il senso della scelta. Partivi da un’ampia rosa di nomi per giungere a quei due o tre titoli che poi portavi a casa, grazie alle piccole somme che avevi messo da parte. In un certo senso la musica “te la sudavi”. Oggi invece i giovani avendo tutto a disposizione non hanno neanche il tempo di appassionarsi a quello che stanno ascoltando, perché presto passeranno al brano successivo”.
Forse quello che manca è un certo contenuto, una profondità in ciò che viene offerto al pubblico. Spesso di tratta di musica e di parole dal facile effetto, ma senza un l’adeguata attenzione al comunicativo/compositivo… si sente la mancanza di un lavoro alla base, per esempio partendo dal testo…“Per noi la scrittura è stata sempre fondamentale - ha concluso Joe -. La base necessaria per ricreare quell’immaginario ideale che volevamo far convivere: ovvero il nostro background musicale, che va dai Sex Pistols ai Joy Division e ai più recenti Massive Attack , alla musica d’autore italiana che ha saputo raccogliere nomi illustri nella sua lunga storia”.

sabato 20 settembre 2008

Bayliss, Mondiale e addio: Non posso vincere per sempre



Roma, 20 set. (Apcom) - Sorride Troy Bayliss. Il campione della Ducati Xerox, alla vigilia di quello che potrebbe essere il suo terzo successo nel Mondiale Superbike, racconta ad Apcom sensazioni ed emozioni del week end alle porte, scorrendo però anche momenti significativi della sua carriera, giunta quasi alla bandiera a scacchi. "Potrebbe essere un week end davvero speciale. - ha esordito Bayliss - Quello di cui sono sicuro ora è che sarà comunque un week end difficile qui a Vallelunga. E' vero ho 101 punti di vantaggio, realmente un gran margine per vincere qui il Mondiale. Sarebbe fantastico per me e per tutti i miei tifosi trionfare qui, ma bisogna vedere come andranno le cose. Ho davvero un ottimo ricordo dello scorso anno, mi trovo bene su questa pista, ma ad esempio oggi (ieri ndr) è piovuto, ed è strano per l'Italia, sembra di essere in Inghilterra".


"Spero che le condizioni meteo nei prossimi due giorni siano migliori e di riuscire portare a casa più punti rispetto a Max Neukirchner e Troy Corser per avvantaggiarmi nella corsa al titolo". Analizzando la sua esperienza nel mondo a due ruote ha spiegato: "Onestamente non credo siano cambiate molto le cose in questi anni. Ci sono sempre stati ragazzi veloci, che hanno passato molto tempo in pista ed io mi sento uno di questi. Sono qui da tanti anni e l'unica cosa che mi potrebbe fermare è un incidente, perché amo questo sport. Questo è uno dei motivi per cui alla fine dell'anno metterò la parola fine alle competizioni.
Mancano tre gare alla fine di una splendida carriera - ha aggiunto Bayliss - e non potrò vincere per sempre. Penso che sia la decisione migliore quella di mettere un punto ora che comunque sono al massimo".
E riguardo le nuove leve, Troy Bayliss ha spiegato: "Ci sono sempre piloti veloci, ma il problema è prendere il giovane migliore. Alla fine sono due i posti a disposizione in un team e le squadre devono essere al top. Ogni anno i team fanno molta attenzione ai piloti da prendere in considerazione perché attualmente sono in molti e non è facile scegliere e capire chi tra questi ha un valore aggiunto, quale possa essere il migliore. Inoltre ora ci sono differenti campionati in Europa, in Italia, in Spagna, come ad esempio la Red Bull Cup, e i giovani piloti iniziano presto a gareggiare ad alti livelli anche se forse non hanno l'esperienza adeguata.
L'apprendimento è una strada lunga. Al mio posto arriverà "Nory Haga", anche se secondo me loro dovrebbero prendere un pilota giovane in squadra. Hanno però bisogno di risultati garantiti perché c'è uno sponsor che paga e così è difficile puntare su un ragazzo nuovo. L'unica possibilità è riuscire a scovare qualcuno veramente bravo e pronto a dare battaglia".



Gettando uno sguardo indietro, l'australiano si è lasciato andare all'amarcord con un pizzico di nostalgia, anche se la sensazione predominante è la certezza di aver scritto pagine importanti nella storia di questo sport. "Tanti sono i ricordi piacevoli nella mia carriera, perché è stata straordinaria. Certamente fatta di alti e bassi, ma sicuramente gli eventi positivi sono la maggior parte: due mondiali Superbike, il titolo Britannico Superbike e le tantissime gare disputate nel corso degli anni. E' difficile scegliere un momento tra questi perché quelli importanti sono davvero tanti". Tra i compagni di squadra dell'australiano Ruben Xaus e Ben Bostrom sono quelli che "hanno lasciato il segno" negli anni: "Nel corso degli anni ho condiviso i box con diverse persone, all`inizio c`era Ruben (Xaus), poi Neil Hodgson, Ben Bostrom, Michel, Lorenzo, davvero tanti".



"Penso che il miglior gruppo sia stato quello della stagione 2001-2002, quando ero in squadra con Ben e Ruben, perché ero un po' come un padre per quei due. Io ero un po' più giovane rispetto ad ora, ma loro erano proprio dei ragazzi: erano nuovi dell'ambiente, erano veloci, erano dei "folli". A volte li richiamavo alla calma, ma erano come dei tornado: completamente folli per le ragazze e naturalmente le ragazze per loro. E' stato divertente all'epoca, quei due li ho visti crescere ed ora è bello ricordarlo insieme".
E sulla possibilità di un futuro a quattro ruote, dopo l'esempio di Michael Schumacher in Superbike ha detto:"Non conosco personalmente Michael, ma è veramente un grande campione e trovo sia strano che si sia appassionato così tanto alle moto ora e non credo io sia l'unico a pensarlo. Adoro le auto e probabilmente farò qualche gara in futuro, ma rimarrò in qualche modo legato alla Ducati come testimonial del marchio e se ritornerò in sella non sarà per dei test speciali, ma per correre ancora e provare di nuovo l'adrenalina, sentire il sangue scorrere nelle vene. Nulla di speciale ovvio, solo per rilassarmi un po'".


Con il traguardo in vista Bayliss non fa programmi per il futuro. Ora quello che conta è concentrarsi sulla strada, ancora incerta, per il terzo sigillo, anche se i suoi motori probabilmente non si spegneranno: "Sono un po' triste perché mancano solo tre gare alla fine di tutto questo e terminato il campionato la mia vita non sarà più la stessa. La mia carriera professionistica in questo ambito ha avuto inizio nel 1998, è passato davvero tanto tempo. Ho alcune idee in testa, ma non ne parlerò finché non avrò chiuso definitivamente questo capitolo"

sabato 19 luglio 2008

Pallanuoto, l’appuntamento declinato di Postiglione


Quattrocentonove sono le volte che Francesco Postiglione è sceso in acqua indossando la calottina della Nazionale di pallanuoto. Nel suo palmares vi sono un oro (1995) , un argento (2001) e un bronzo (1999), collezionati ai campionati Europei, un bronzo olimpico ad Atlanta nel 1996. Mentre a livello di club annovera tre coppe campioni, una coppa delle coppe e tre scudetti. Tra i più noti giocatori del panorama pallanotistico italiano, amante dello sport e dell’acqua, a Pechino avrebbe affrontato la sua quinta Olimpiade in carriera (anche se a Barcellona nel 1992 aveva preso parte alla competizione partecipando ai 200 rana e stabilendo il record italiano in vasca). Avrebbe perché ora, a 36 anni, il difensore del Posillipo ha dovuto mettere un punto alla sua carriera, in seguito ad un intervento al cuore che l’ha portato ad appendere definitivamente la calottina numero 2, per vestire semplicemente gli abiti da avvocato. Nato e cresciuto a Napoli, se si eccettua la stagione romana nelle piscine del Foro Italico, ha vissuto nell’acqua della Scandone i maggiori successi della sua lunghissima carriera. Un sogno infranto quello della quinta olimpiade a cui lo sportivo ha dovuto rinunciare in seguito ai problemi riscontrati a marzo, ottenuta già qualificazione. “Ho avuto un doloretto durante una partita in campionato – ha spiegato Postiglione ad Apcom - a seguito del quale ho fatto dei controlli di routine, che di solito fanno tutti gli olimpionici, ovvero l’elettrocardiogramma normale e quello sottosforzo. Questi sono risultati negativi, ma il dolore che io presentavo secondo il mio medico era un dolore di tipo ischemico e quindi mi ha sottoposto ad una scintigrafia con il metodo di contrasto sia a riposo che sotto sforzo, anche questa parzialmente negativa. Potendo essere un classico caso di falso positivo, l’unico esame che ci avrebbe detto la verità era lo coronografia a cui mi sono sottoposto e dall’esame è risultato che tutte le coronarie erano pulite tranne una piccola stenosi alla coronaria di sinistra che mi procurava in pratica questo dolore. Sono stato poi sottoposto, per eliminare il fastidio, ad un’angioplastica”. Sulle possibilità di un suo ritorno in acqua il giocatore ha ammesso: “Fosse per me tornerei a giocare domani, ma una cosa è una voglia personale, altro non rischiare la vita avendo moglie e figli. Soprattutto poi nessun medico sportivo in Italia presumo si assumerebbe la responsabilità di concedermi l’idoneità”.


Svestiti i panni di giocatore, Postiglione è entrato a far parte dello staff dirigenziale del Posillipo e agli ultimi Europei in Spagna ha seguito la Nazionale come commentatore sportivo, rimanendo quindi “immerso” nell’ambiente. Uno sguardo critico ed equilibrato il suo, di chi negli anni ha visto l’evoluzione di questo sport e vissuto i cambiamenti nel club azzurro: “Negli ultimi Europei, giocati a Malaga, è emersa una Nazionale rinnovata. Non c’erano infatti alcuni elementi, visto che altri tre come me attualmente sono infortunati ( e spero per l’Italia che possano recuperare in tempo per l’Olimpiade). In ogni caso è una Nazionale che ha fatto molto bene, che è arrivata a ridosso dei quattro colossi che sono Montenegro, Serbia Croazia e Ungheria e quindi mi auguro che possa far bene anche in questa Olimpiade. Se dovesse continuare a giocare come sta facendo ora, e riuscisse a recuperare qualche giocatore (con un pizzico anche di fortuna in più), ci potrebbero essere tutti gli elementi per avere un risultato clamoroso. La Nazionale ultimamente non ha ottenuto grandi risultati – ha spiegato l’ex capitano del Posillipo - in quanto il livello delle altre nazioni si è alzato. Anche le altre nazionali di media classifica, come ad esempio Germania e Spagna, sono diventate competitive. Oggi fai presto ad arrivare tra le prime quattro e fai presto anche ad arrivare più giù, come è successo alla Croazia che negli Europei del 2006 si è classificata settima, mentre quattro mesi ha vinto il Mondiale. Quindi c’è grande bagarre fra le nazionali europee. Noi ora fortunatamente navighiamo tra il quarto e il quinto posto e mi auguro che ci possa essere qualcosa in più”.

Dando uno sguardo alle nuove leve Postiglione ha detto: “I giovani, soprattutto a Malaga, hanno fatto vedere di essere presenti, hanno fatto un ottimo europeo e mi auguro che anche all’Olimpiade possano proseguire su questa strada. Rispetto alle altre nazioni, secondo me, dovremmo avviare i giovani alla pallanuoto un po’ prima rispetto agli undici-tredici anni, come di consueto succede in Italia. Nelle altre nazioni, come in Ungheria, Serbia e in generale nei paesi dell’ex Jugoslavia, patrie della pallanuoto, avviano i ragazzi tra i sei e gli otto anni, periodo in cui danno le prime impostazioni. A quell’età i giovani riescono a recepire molto meglio. Forse in Italia dovremmo fare questo per avere un maggiore cambio generazionale rispetto a quello che è accaduto negli ultimi anni”. Per le Olimpiadi incerto è il risultato che potrebbe uscire dalle acque di Pechino, soprattutto dopo l’exploit della squadra che ha conquistato nei giorni scorsi il titolo continentale. “Già durante gli Europei il Montenegro si è mostrato come la squadra rivelazione. La nazionale dello stato nato dopo il referendum del maggio del 2006, stiamo parlando di storia recentissima, ha vinto da outsider , anche se avevo già detto che secondo me era tra le pretendenti al titolo. Lo è stata e lo sarà anche alle Olimpiadi. Bisognerà solo vedere se la vittoria europea non avrà saziato l’appetito. Dubito però di questo. Oltre al Montenegro le favorite rimangono le solite: Serbia, Ungheria, Croazia, volendo anche la Spagna, e mi farebbe piacere mettere naturalmente – magari come outsider – anche l’Italia, perché ha fatto molto bene e mi auguro possa continuare”. Olimpiadi viste da spettatore quelle in Cina per Postiglione che tuttavia, nell’intervista ad Apcom, ha voluto dare uno sguardo ancora da sportivo. “Le Olimpiadi sono il traguardo più importante per un atleta e mi auguro che tutte le vicende legate a Pechino si stemperino un poco. Si parla di una Pechino bloccata, delle vicende legate al Tibet, del terremoto e del rischio di attentati. Spero però che si pensi soprattutto agli atleti che aspettano quattro anni per partecipare ad un evento meraviglioso, che deve essere vissuto da loro e di cui loro devono essere i veri protagonisti”.

sabato 12 luglio 2008

Canepa e la Ducati: futuro insieme tra MotoGp e Superbike










Vallelunga (Roma) - Vent'anni compiuti da poco,
ma con un palmares già ricco, non ultimo il titolo di campione
nella Coppa del Mondo FIM Superstock 1000 nel 2007. E' Niccolò
Canepa, classe 1988, collaudatore della Ducati che grazie ad una
wild card sarà in pista con Troy Bayliss e Michel Fabrizio a
difendere i colori della casa italiana in Superbike sui circuiti
di Brno (Repubblica Ceca), Vallelunga (Italia) e Magny Cours
(Francia). Già autore di ottime prestazioni nei test della MotoGp
ad Indianapolis, sempre in sella alla Ducati, il giovane genovese
è tornato in questi giorni sulla pista in cui nel 2002 ha fatto
il suo esordio su una quattro tempi.

"Ne è passato di tempo - ha raccontato Canepa ad Apcom -.
Ritornare a Valle... Insomma la pista è cambiata dal mio esordio,
qui ho fatto la mia prima gara sulle moto grosse. In questi
giorni siamo andati molto bene e sinceramente non me lo
aspettavo. Era un anno che non salivo su queste moto e dopo tutti
i chilometri fatti con la MotoGp pensavo fosse più dura
riprendere il feeling e andare subito forte, invece è andata
bene. Ho avuto un po' di difficoltà a tenere il passo di Haga
perchè nell'ultima sessione pomeridiana ha fatto veramente caldo
e non è stato possibile testare le gomme da gara, quindi non
siamo andati benissimo. La temperatura dell'asfalto era troppo
alta e le gomme scivolavano molto. I tempi si sono alzati
rispetto a quelli della mattina, infatti hanno girato tutti un
secondo più lenti
".

Analizzando la suavprestazione Niccolò è positivo, anche se le
condizioni climatiche hanno creato difficoltà in pista: "Non sono andato male rispetto agli altri, però non può essere considerato un test veritiero al
100 per cento
- ha aggiunto nell'intervista esclusiva rilasciata
ad Apcom - perchè con quelle temperature non è facile trovare la
prestazione. Sul giro secco però siamo già a posto e nelle
prossime uscite lavoreremo particolarmente sul passo gara e se
possibile proveremo anche altre gomme da tempo, perchè in questi
giorni erano le prime che usavo ed ho fatto anche un po' di
fatica ma poi c'è stata una grande risposta su pista. La moto va
bene diciamo c'è ancora qualche cosa su cui lavorare, ma ci
metteremo sotto subito. A Brno sarà più che altro un test mentre
a Vallelunga e Magny Cours vorrei riuscire a far bene
".

Un futuro ancora incerto per il giovane ducatista che riscuote
successo sia in MotoGp sia in Superbike. "Non so quale si adatta
meglio al mio stile di guida, è difficile dirlo perchè sono due
moto totalmente diverse. Cambiano le gomme, il telaio il motore.
Io mi trovo bene su tutte e due, quello che farò il prossimo anno
non si sarà ancora perchè sarà la Ducati a scegliere, per me è un
onore correre per loro e quindi per me sarà giusta la decisione
che prenderanno loro
".

Max Biaggi: voglio lottare per il podio nei prossimi Gp









Vallelunga (Roma) Max Biaggi conosce bene Vallelunga. E' cresciuto sportivamente sul circuito nei pressi di Roma ed ora che con la Superbike ha la possibilità di correre sulla di casa, vuole farsi trovare preparato per l'appuntamento che dal 19 al 21 settembre prossimi, porterà per il secondo anno consecutivo l'evento motoristico sulla pista di Campagnano di Roma.

Reduce dalla due giorni di test collettivi, Max ha raccontato in esclusiva ad Apcom risultati e prospettive per il prosieguo del campionato.

"Qui abbiamo incontrato qualche difficoltà in più rispetto a Misano, però abbiamo avuto tempo a disposizione per risolverli. Secondo me nella sessione pomeridiana del secondo giorno ci siamo orientati verso una buona messa a punto. Ci manca ancora qualcosa probabilmente, ma quando torneremo qui per il gran premio saremo ad un livello discreto. Ero preoccupato nella prima giornata, mentre nella seconda non dico che eravamo i più veloci, ma sicuramente al livello dei migliori".

E sulla stagione stagione in corso precisa: "noi speriamo di far bene, non godiamo di nessun sviluppo con questa moto, abbiamo quella di base che ci hanno consegnato a novembre, non ci sono nè aggiornamenti di software, nè parti del motore che cambiano, quindi è molto difficile puntare alla vittoria ma Xaus c'è riuscito su un circuito molto tortuoso. Spero quindi di poter lottare per il podio perchè arrivano dei circuiti amici e voglio lottare per essere davanti".

Anche lo scorso anno il pilota romano era impegnato nei test collettivi a Vallelunga, ma rispetto a dodici mesi la sfida di Biaggi si pone su piani diversi.

"E' cambiato molto per me rispetto ad un anno fa. La moto, il team, persone con cui lavorare. La mia squadra non ha molta esperienza, il capo tecnico è il primo anno che lavora in questo ambiente e questo non è sicuramente un vantaggio, ma c'è tanta buona volontà, voglia di fare. A volte però si sente la carenza d'esperienza, questo non succede a Xaus perchè loro son tre anni che lavorano insieme e si sente la differenza". Sul suo futuro Biaggi non lascia trapelare nulla, l'unica cosa su cui vuole concentrarsi per ora è sulle gare ancora da disputare. "Spero di confermarmi a buoni livelli, sarà difficile ripetere i risultati dello scorso anno, lo do per scontato perchè so quali sono le differenze. Ma darò sempre il massimo perchè le persone che lavorano con me non si tirano mai indietro e cercano sempre le soluzioni migliori. Per il prossimo anno vedremo, ancora non so nulla".

(foto Allegritti)

mercoledì 19 marzo 2008

"Un sogno in una nuvola di polvere"

ROMA – “Alla prima curva ebbi la sensazione precisa che Tazio l’avesse presa sbagliata e che saremmo finiti nel fosso […] Ci ritrovammo all’imbocco del rettilineo successivo con la macchina in linea[…] E di curva in curva scoprii il suo segreto”. Una “cronaca” datata 1931, il racconto è di Enzo Ferrari, l’occasione le prove nel circuito delle Tre Provincie. L’occhio del “Drake”, seppur giovane, aveva già inquadrato le caratteristiche uniche di quel pilota che aveva a suo fianco. Molti cercarono di imitare il suo stile, ma nessuno riuscì ad usare “la tavoletta” come Tazio Nuvolari. Piccolo di statura, un peso forma intorno ai 55 kg, all’epoca sembrava fuori misura per quelle macchine mastodontiche con cui si gareggia, in realtà anche le sue doti fisiche precorrevano quelle che oggi sono considerate le caratteristiche standard dei piloti.
A oltre cinquant’anni dalla morte il mantovano volante (soprannome di Nuvolari), affascina sia gli amanti delle corse, sia i non addetti ai lavori, attratti dalla storia sportiva e dalle vicende umane del campione. Ed è proprio quest’ultimo lato, forse meno conosciuto, che9- Giuseppe Chinnici, docente di Organizzazione ed Economia dello spettacolo alla Lumsa, ha voluto mettere a fuoco al di là del suo glorioso palmares. La vita di Tazio Nuvolari è stata infatti una strada costantemente in salita: se da una parte la carriera sportiva gli ha regalato una serie di traguardi importanti, la vita privata gli ha riservato perdite dolorose, prime fra tutte la morte dei due figli appena maggiorenni per malattia, attutite dal forte legame con la moglie. Nato nel 1892 a Castel d’Ario, nei pressi di Mantova, Nuvolari ha avuto una capacità straordinaria nell’entrare nel cuore della gente, nonostante il fatto che la maggior parte delle sue imprese le abbia realizzate passata la soglia dei quarant’anni: 351 gare (tra auto e moto), 106 vittorie assolute, 76 di classe, 100 giri veloci, 7 titoli di campione d’Italia e 5 primati internazionali di velocità. La sua figura non è stata solo quella di un eccellente sportivo, ma ha rappresentato lo sviluppo dell’Italia di quegli anni in cui si cercava il riscatto sociale dopo la desolazione del secondo conflitto mondiale. Tratti questi sottolineati più volte alla presentazione del libro a cui hanno partecipato diversi esponenti del mondo universitario e della società civile concordi nel mettere in risalto le qualità dell’uomo Nuvolari: “E’ possibile inquadrare Tazio come uno dei protagonisti della ricostruzione - ha affermato il Alberto Monticone, Ordinario di Storia Moderna - che ha segnato con eventi umani l’evoluzione industriale di quegli anni.
Non dimentichiamo che lui corse sia con le moto che con le auto, simboli del progresso di quel tempo. Inoltre è possibile rintracciare nel suo modo di vivere lo sport un senso di sfida e di formazione che oggi sembra latitare”. Quasi ad eco dell’intervento del Monticone quello di Maria Grazia Bianco, docente di Letteratura Cristiana Antica alla Lumsa : “leggendo il libro di Chinnici due sono le sensazioni particolari che ho ricavato. La prima è che coloro che sono abitati da un istinto non possono stare fermi; mentre la seconda, più tecnica, riguarda la percezione infinitesimale dell’adattabilità del limite, che nella ricerca dell’essere si vive quotidianamente e non solo a livello sportivo.” Non era il successo la molla che spingeva Nuvolari a correre, ma molto più semplicemente la consapevolezza che solo vivendo fino in fondo se stessi è possibile dare un senso compiuto alla propria esistenza.

(Foto di Tazio Nuvolari tratta dall'omonimo libro di Giuseppe Chinnici)

lunedì 25 febbraio 2008

L’Austria avanza tra calcio e cultura

VIENNA - “Non vinceremo gli Europei, ma il nostro impegno è quello di rimanere leader nel campo del turismo”. Questo l’obiettivo dichiarato da Rainer Ribing – Ceo della divisione turismo della Camera di Commercio Federale, all’apertura dell’Actb 2008 (Austrian and Central Travel Business), parlando dei risultati e dei progetti futuri che riguardano l´Austria e le nazioni vicine presenti alla manifestazione. “Nel mercato – ha proseguito il direttore – è importante la competizione, ma allo stesso tempo risulta fondamentale anche il gioco di squadra ed è per questo che abbiamo deciso di portare avanti la collaborazione con Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia che ha prodotto fino ad oggi risultati interessanti su diversi fronti”.Si tratta di un anno importante quello appena iniziato per l´Austria, probabilmente l´apertura di un nuovo ciclo che porrà sotto i riflettori la regione che ospiterà il prossimo giugno, insieme alla Svizzera, gli Europei di calcio, e che celebrerà nel 2009 sia l´anno di Hyden, a 200 anni dalla morte, sia Linz Capitale Europea della cultura. Negli ultimi anni il turismo austriaco ha segnato un andamento positivo e anche quest’anno le percentuali registrate, +1,7% sui pernottamenti e un +3,3% per gli arrivi, dimostrano che il lavoro svolto ha dato i suoi frutti. “E’ stata creata un’ottima base di lavoro – ha concluso Ribing – su cui sviluppare le iniziative per quanto riguarda il segmento turistico.” In controtendenza appaiono però le cifre del mercato italiano che hanno registrato un calo, del 4,3% per quanto riguarda gli arrivi e del 3,2% per i pernottamenti, legato probabilmente ad una rotazione nella scelta delle mete. Non si tratta dell´unico mercato con il segno meno: Germania, Francia, Usa e Giappone infatti marcano in lista la stessa zona, mentre ottimi sono i risultati riscontrati con Russia, Romania, Polonia e Repubblica Ceca, orizzonti nuovi ed in costante crescita.Tuttavia il 2008 potrebbe, e dovrebbe, portare l’ago della bilancia in positivo su tutti i fronti grazie agli Europei e ad una nuova immagine che l´Austria vuole dare tramite l’ultima campagna promozionale che si pone come restyling del brand. “La campagna appena lanciata – ha dichiarato Petra Stolba, CEO dell´Ente del Turismo austriaco – vuole descrivere la vacanza in Austria come la somma di una serie di ispirazioni che vanno dalla riflessione al divertimento, facendo leva sulle risorse culturali e naturali, sullo sport, senza dimenticare naturalmente il patrimonio musicale. Si tratta di una nuova immagine, al passo con i tempi perché le cose cambiano e anche noi non siamo mai gli stessi.”
(foto serata inaugurale Actb Vienna '08 - Petra Stolba Ceo Austria Turismo)

sabato 23 febbraio 2008

Il dolce tramonto dei La Crus

ROMA - “Per me i La Crus sono i campioni dei primi dischi, la chitarra classica di Cesare, la tromba e la mia voce”. Si confessa così Mauro Ermanno Giovanardi, frontman dei La Crus, a pochi giorni dall’uscita del nuovo lavoro del gruppo in cui coabitano le intuizioni musicali di Cesare Malfatti e i testi di Alessandro Cremonesi (autore di diversi brani, anche se non ha mai preso parte alla vita “pubblica” del gruppo). “Io non credevo che questa sera”, è l’ultimo atto di una storia musicale nata a Milano quindici anni fa, raccoglie 16 tracce, 12 delle quali in versione live, registrate al Teatro Novelli di Rimini il 14 luglio 2005 con l’Orchestra da Camera delle Marche diretta dal Maestro Daniele Di Gregorio. A completare l’opera poi la splendida versione in studio di Infinite possibilità con L’Ensemble MusicaMorfosi, e tre inediti, scritti, prodotti e arrangiati nell’estate 2007 e orchestrati da Davide Rossi: “Mentimi”, “Entra piano” e “L’autobiografia di uno spettatore”. Brani particolari, che tuttavia si ricollegano all’ideale percorso scritto dai brani scelti dal gruppo per questa sorta di testamento musicale: “Entra piano è un pezzo che mi piace tantissimo - ha specificato subito Giovanardi - mi piace soprattutto il clima tra il morboso, il sensuale e il cupo che poteva essere di alcune cose iniziali ma che ha avuto nella canzone uno sviluppo naturale. Avendo una struttura atipica, non propriamente da canzone, ricorda proprio per questo alcune cose dei primi pezzi che erano fatti molto più con i campioni. C’è molto del nostro lavoro di ricerca, pur mantenendo le caratteristiche iniziali. “Mentimi” invece, al di là del testo che è legato comunque ad una tematica sociale - cosa rara per noi -, rispecchia il clima generale del disco: ha una bella melodia, un testo accattivante senza cadere nella banalità di alcuni brani pop. Il suono d’insieme del disco ci ha soddisfatto, perchè rende l’idea del percorso di questi anni.

Cosa vi ha spinto ad intraprendere un lavoro di questo genere?
Inizialmente doveva essere un’antologia più alcuni inediti, ma io e Cesare abbiamo fatto subito una controproposta perchè secondo noi un lavoro del genere doveva avere un’impronta diversa: sono stati lasciati fuori certi pezzi magari un pò più da classifica perchè se i La Crus hanno voluto trasmettere qualcosa è proprio rispetto ad un certo tipo di scrittura, con canzoni più di nicchia, di tenore esistenziale, le ballate, i pezzi d’atmosfera. Fare una raccolta sarebbe stato forse più difficile, nel disco ci sono ad esempio solo tre singoli. C’è molto più immaginario, senza rinnegare nulla, che è stato poi esaltato dall’arrangiamento dal vivo. L’unico rammarico è l’assenza del dvd che avevamo progettato in allegato al disco e che motivi burocratici non è stato far possibile uscire in contemporanea”.

E’ stato comunque un “parto lungo”…
Fin dai primi concerti che abbiamo fatto con l’orchestra (dal ‘99 al 2005) abbiamo accumulato molto materiale tramite la registrazione con lo studio mobile. Ho passato oltre due mesi a scegliere tra tutte le versioni e m’è dispiaciuto dover lasciar fuori alcuni brani. Probabilmente rivedendo ora la scaletta l’unica canzone che cambierei, nonostante vi sia molto legato, è “Diritto a te”… con “Ad occhi chiusi“. Siamo partiti che erano solo tre brani e poi abbiamo fatto un lavoro di arrangiamento che ci ha portato ad avere quindici/sedici pezzi".


L’uso degli archi nell’arrangiamento ha favorito poi una certa profondità nella composizione finale…
Si abbiamo avuto la fortuna e l’intelligenza di lavorare con alcuni arrangiatori di rilievo, perchè collaborare con un’orchestra di trenta elementi non è semplice, anzi. Ti trovi a dover gestire una base sonora piuttosto corposa e devi stare attentissimo perchè se viene fuori qualcosa di pesante, di troppo ardito o mielosa si sente subito. Ogni volta è stato un lavoro di precisione a cui io sono stato particolarmente dietro. E’ una medaglia con due facce: se ci metti un’orchestrazione adatta i brani si sublimano all’ennesima potenza, altrimenti il pezzo ne risente e invece che acquistare in bellezza ne perde anche il contenuto. E’ un lavoro impegnativo, spesso un arrangiatore lavora sulla base classica e se gli dici certe cose magari ti prende per pazzo. Abbiamo avuto diverse discussioni in corso d’opera, ma alla fine il risultato è stato quello che ricercavo".


Uno sguardo al futuro, come cambierà il lavoro?

Mi verrà sicuramente a mancare il senso del gruppo. La concretezza di Cesare in primis. Io sono il lato passionale, mi butto in tutte le cose, sono curioso di natura, mentre lui ha cercato sempre di razionalizzare e di far diventare questa passione un lavoro. Per il futuro tutto quello che ho accumulato con i La Crus, avendo dato tanto a questo progetto, mi rimarrà dentro. Forse farò l’archeologo, mia grande passione da sempre, anche se non ho mai avuto voglia di studiare a dire il vero… scherzi a parte, sto già lavorando su un pò di materiale. L’esperienza di “Cuore a nudo” è stata importante, ma il mio prossimo disco solista deve essere un lavoro di inediti e far si che suoni in modo diverso rispetto al sound del gruppo, anche se inevitabilmente temo lo ricorderà. Credo che la mia voce, il mio immaginario, il modo di lavorare sui pezzi è quello… anche se la mia idea è creare qualcosa di diverso, già emerso in Cuore a nudo, ma vorrei puntare di più sull’ironia. Perchè se lavori su determinati immaginari, su certe atmosfere poi quando invece punti su pezzi diversi ti spiazzano…ed ora ho un mezzo provino tra le mani che se viene come penso mi darà molta soddisfazione”.


Tre brani in cui ritrovare l’essenza dei La Crus?

Il nostro pezzo più importante è sicuramente “Come ogni volta”, ma a me piace moltissimo è “Soltanto amore“, mentre “Come una nube” è un manifesto etico, il nostro modo di vedere le cose. Questi sono tre pezzi base, poi ce ne sarebbero tantissimi altri che meriterebbero nella nostra storia una menzione speciale".
(foto gentile concessione della Warner per Chronica.it)